Lucca e Carlo VIII

il sogno di giove

Lucrezia Borgia

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The Borgias. The Original Crime Family, è una serie televisiva, in tre parti, creata da Neil Jordan grazie a una coproduzione fra Canada, Ungheria e Irlanda. Al centro di questa fiction storica, troneggia, è il caso di dirlo, la figura del papa Alessandro VI, interpretata con trasporto ma senza una totale assimilazione del personaggio, da Jeremy Irons. La serie, che non si distacca affatto da quell’idea di un Rinascimento italiano tutto sangue, morti ammazzati e veleni tanto cara al gusto anglosassone dell’800, ha ottenuto giudizi diversi sia in America che in Europa.
In Italia è ancora presto per una valutazione generale essendo state riprodotte da LA7 solo alcune puntate della prima parte. Ma l’effetto prodotto su attenti osservatori non è stato dei migliori. Lo storico Franco Cardini in un articolo su «L’Avvenire» dei primi di marzo parla, senza mezzi termini, di una fiction televisiva infarcita di luoghi comuni e calunnie, sicuramente salutata dai teledipendenti come oro colato. Lo studioso fiorentino che, da una decina di anni, si batte per una più corretta interpretazione dell’immagine e del ruolo politico di Alessandro VI, sottoline, nel racconto di Irons, una lunga serie di errori dovuti a scarsa competenza storica. Certamente far morire Gerolamo Savonarola a Roma anziché sul rogo fiorentino deve avere urtato fortemente Cardini, così come appaiono a tutti eccessive la quantità e qualità di veleni consumati in ogni puntata.
A noi lucchesi, poi, non ha fatto certo piacere vedere proposta - nella puntata di domenica 24 marzo - la cinta muraria secondo un’immagine di fantasia e di apprendere che la città era stata bombardata e saccheggiata da Carlo VIII, da poco giunto in Italia, come monito a Firenze. Di fronte a quelle scene strazianti di bambini lucchesi trucidati dai terribili mercenari svizzeri al soldo del sovrano francese, anch’io per un attimo, mi sono commossa per realizzare, poco dopo, che la mia città, in verità, non ha mai subito simile oltraggio da parte del re di Francia e neppure dal suo successore. Carlo VIII vi entrò solo sulla via del ritorno da Napoli, l'anno dopo l'invasione. Semmai a subire la distruzione era stata Fivizzano, saccheggiata dai soldati il 28 ottobre del 1494 per aprirsi il passo verso Firenze con la successiva acquisizione anche delle fortezze di Sarzanello, Sarzana e Pietrasanta.
Mi sono chiesta il motivo di questo abbaglio perché neppure Machiavelli - la cui Narrazione della passata di Carlo VIII (Opere di Niccolò Machiavelli, Cittadino e segretario fiorentino, Tomo III, 1796) penso abbia costituito uno dei riferimenti a cui hanno attinto gli estensori della trama della fiction - parla di un simile evento. Allora, ripensando a un libro di Igor Melani («Di qua» e «di là da’ monti». Sguardi italiani sulla Francia e sui francesi tra XV e XVI secolo, Firenze University Press, 2011) mi sono ricordata di alcune sue osservazioni su quanto riferito dallo storico e politico veneziano Marin Sanudo (1466-1536) nella sua relazione su La spedizione di Carlo VIII in Italia. Sanudo, infatti, parlando dello spirito libidinoso dei soldati francesi, scrive che i medesimi fecero a Lucca «molte violentie alle dame». Aggiungendo subito che dovevano essere, in parte, scusati «però che sono zente molto lussuriose». Di qui, forse, l’origine dell’errore, ammesso che ci sia una fonte storica alla sua base. Quanto alle dichiarazioni del Sanudo, lasciamo perdere.
Da un pensiero all’altro; la storia è fatta così. Nel terzo volume delle Opere del Machiavelli dell’edizione del 1796, oltre alla già ricordata Narrazione della passata di Carlo VIII è riprodotto anche un Sommario delle cose della città di Lucca (p. 229 e sgg.) che vale la pena di stampare e leggere.

Carla Sodini

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